Nel Medioevo – specialmente nel XIII secolo – la scienza assumeva un aspetto diverso da quello attuale. I principi base del pensiero scientifico, infatti, poggiavano sulla teoria degli umori che si basava sulla commistione dei quattro fattori che determinavano lo stato della materia (fuoco, acqua, aria, terra) oppure i pianeti e persino le malattie.
Gli studi si dipanavano dalla materia “madre” che era la filosofia, da cui discendeva tutto il sapere. La natura veniva analizzata a partire dalla riscoperta dei classici greci che furono riportati in Europa grazie agli Arabi. Questi diedero un forte impulso alla matematica, alla geometria, all’alchimia (la mamma dell’odierna chimica) e in diversi altri campi della conoscenza.
In Europa la conoscenza era relegata ai monasteri e alle chiese, dove le antichissime biblioteche avevano preservato i preziosi manoscritti e libri nei secoli. Al sud, oltre all’antica Scuola Medica Salernitana, a partire dal 1224, l’Imperatore e Re di Sicilia Federico II volle creare la prima Università non dipendente dai Pontefici. Questa fu creata a Napoli e fu intitolata all’Imperatore.
A Napoli si insegnava prevalentemente diritto, funzionale all’efficientamento della burocrazia del Regno di Sicilia, ma anche le “arti liberali” come grammatica, la retorica e la dialettica (il Trivio) e l’aritmetica, la geometria, la musica, l’astronomia (il Quadrivio).
Il Regno di Sicilia fu così attivo nelle scienze che, ad esempio, nel 1269 durante l’assedio di Lucera, un cavaliere alla corte di Re Carlo d’Angiò descrisse per la prima volta nella storia l’utilizzo dei magneti per costruire una bussola a secco. In quel periodo ottenibile solo attraverso il galleggiamento sui fluidi.